IL PRETORE
   1.  -  A  scioglimento  della riserva che precede, osserva, innanzi
 tutto, che, ai sensi dell'art. 28, primo comma, del d.P.R. 27  aprile
 1968,  n.  488,  prorogato nella sua efficacia temporale dall'art. 8-
 sub articolo unico della legge 8 agosto 1972, n.  459,  i  contributi
 base  dell'assicurazione  generale obbligatoria per l'invalidita', la
 vecchiaia e i superstiti sono dovuti per i braccianti  agricoli  e  i
 piccoli  coloni  in  rapporto alle retribuzioni medie da determinarsi
 annualmente per provincia con decreto del Ministro del lavoro,  sulla
 base delle retribuzioni risultanti dai contratti collettivi nazionali
 di  lavoro  per  le diverse categorie di lavoratori agricoli (comuni,
 qualificati, specializzati e specializzati super).
    Trattasi,    ovvero,    di   contributi   base   che   prescindono
 dall'effettiva retribuzione corrisposta ai  giornalieri  di  campagna
 nel  senso che qualunque dovesse essere la retribuzione effettiva, la
 contribuzione   non   potra'   mai   essere   inferiore   a    quella
 percentualmente  stabilita  dal legislatore sulla base di determinate
 retribuzioni.
    Le retribuzioni sulle quali deve essere  calcolato  il  contributo
 base  sono,  per  implicita  volonta'  legislativa,  le  retribuzioni
 giornaliere, tant'e' che, a norma del secondo comma dell'art. 28  del
 d.P.R. n. 488/1968, "le classi di contribuzione di cui alle tabelle A
 e  B,  citate nel comma precedente, sono individuate moltiplicando ..
 per sei la retribuzione giornaliera dei giornalieri di campagna".
    L'art. 28 del d.P.R. n. 488/1968  ha  previsto,  inoltre,  che  il
 contributo   base   debba   rapportarsi  ad  una  retribuzione  media
 giornaliera  che  tenga  percentualmente  conto  delle   retribuzioni
 previste  dal C.C.N.L. per le diverse categorie di lavoratori a tempo
 indeterminato (da maggiorare del salario  integrativo  provinciale  e
 del  c.d.  terzo  elemento),  in  ragione  dell'incidenza percentuale
 dell'apporto lavorativo di ciascuna di esse nelle differenti  realta'
 agrarie provinciali.
    A  questo  fine  e'  stato  previsto  il  preventivo  parere della
 Commissione Centrale istituita con d.lgs. 8  febbraio  1945,  n.  75,
 composta  da  esperti di economia sociale agraria ("i contributi sono
 dovuti  ..  in  rapporto  alle  retribuzioni  medie  da  determinarsi
 annualmente,  con  decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza
 sociale, sentita la commissione centrale di cui all'art. 1 del d.lgs.
 8 febbraio 1945, n. 75".
    L'art. 28, primo  comma,  del  d.P.R.  n.  488/1968  non  prevede,
 invece,  espressamente  che,  nella determinazione della retribuzione
 giornaliera da porre a base del contributo, il Ministro  debba  tener
 conto della diversita' della durata di una giornata lavorativa in uso
 presso  una  realta'  agricola provinciale rispetto a quella prevista
 dal contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali  di
 categoria.
    Risulta,  quindi,  che il Ministro del lavoro debba richiamare nel
 suo procedimento ricognitivo la retribuzione giornaliera nella misura
 prevista dal C.C.N.L. per le diverse  categorie  di  lavoratori  come
 dati  certo e immodificabile, tanto piu' alla luce dell'art. 1, primo
 comma, del d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito con  la  legge  7
 dicembre  1989,  n.  389, secondo il cui precetto "la retribuzione da
 assumere come base per il calcolo dei  contributi  di  previdenza  ed
 assistenza  sociale  non  puo'  essere  inferiore  all'importo  delle
 retribuzioni stabilito da leggi,  regolamenti,  contratti  collettivi
 stipulati dalle organizzazioni sindacali piu' rappresentative su base
 nazionale".
    2.  -  Ad  avviso  di  questo Pretore, l'art. 28, primo comma, del
 d.P.R. n. 488/1968, nel significato letterale  sopra  evidenziato  ed
 anche  in  combinato disposto con l'art. 1, primo comma, del d.-l. n.
 338/1989, convertito nella legge n. 389/1989, sembra confliggere  con
 l'art.  3  della  Costituzione,  qualora  la  durata  della  giornata
 lavorativa dovesse essere usualmente inferiore a quella stabilita dal
 C.C.N.L. di categoria.
    Si  consentirebbe, infatti, un pagamento sperequato del contributo
 perche', per differenti prestazioni lavorative (dal  punto  di  vista
 quantitativo),  due  distinti  soggetti  sarebbero tenuti a pagare un
 medesimo contributo base,  pur  nella  ipotesi  che  la  retribuzione
 oraria dovesse essere stata corrisposta ai giornalieri di campagna in
 egual  misura e corrispondentemente a quella prevista dal C.C.N.L. di
 categoria.
    In proposito,  e'  bene  sottolineare  che,  pur  nell'ipotesi  di
 vincolativita'   di  un  C.C.N.L.,  qualora  la  giornata  lavorativa
 effettiva   dovesse   essere   di   durata   inferiore    a    quella
 contrattualmente  prevista,  la  retribuzione spettante al lavoratore
 dovra' essere proporzionalmente ridotta (cosi',  ad  esempio,  se  il
 C.C.N.L.  prevede  una  retribuzione  giornaliera  di  L. 60.000, per
 determinare la retribuzione dovuta secondo lo stesso C.C.N.L. per una
 giornata lavorativa di cinque ore bisognera' dividere L.  60.000  per
 6,av66aw  al  fine  di avere la retribuzione oraria e successivamente
 moltiplicare per le cinque ore di effettivo lavoro).
    Orbene, usualmente la giornata lavorativa nella provincia di Lecce
 e' di cinque ore, ma dai decreti ministeriali che  hanno  determinato
 le  retribuzioni  medie  giornaliere nella provincia di Lecce per gli
 anni in contestazione non si e' tenuto conto  di  questa  particolare
 consuetudine locale, tant'e' che e' pacifico per lo stesso resistente
 che  le  retribuzioni  giornaliere  poste a base del contributo siano
 state  calcolate  secondo  una  media  ponderata  delle  retribuzioni
 gionaliera  prevedute  dal  C.C.N.L.  per  le  diverse  categorie  di
 lavoratori, senza  alcuna  riduzione  percentuale  in  ragione  della
 minore durata della giornata lavorativa in uso presso la provincia di
 Lecce rispeto a quella stabilita dal C.C.N.L.
    Sul  punto  dell'esistenza  di  un  anorma  consuetudinaria  nella
 provincia di Lecce,  secondo  la  quale  la  giornata  lavorativa  in
 agricoltura  e' mediamente di cinque ore, numerose e concludenti sono
 le prove testimoniali e documentali, colte attraverso  l'acquisizione
 di verbali della causa iscritta al n. 2909/87 r.g. di questa Pretura.
    Innanzi  tutto,  va  sottolineata  la dichiarazione resa dal teste
 Moschettini Aldo, direttore dell'ufficio  provinciale  del  lavoro  e
 della  m.o.  di  Lecce  sin dal 1985, e, in tale qualita', presidente
 della commissione provinciale per la manodopera  agricola  di  Lecce,
 secondo  il  cui assunto "nei nostri ambienti era di dominio pubblico
 che la giornata lavorativa nella provincia di Lecce fosse  di  cinque
 ore o di cinque ore e mezza con mezz'ora per la colazione".
    Di  egual  contenuto  e'  la  dichiarazione  resa dal teste Pepito
 Mario, dottore in agraria e funzionario dell'Ispettorato  provinciale
 dell'agricoltura  di Lecce: "mi risulta per mia esperienza che per la
 quasi generalita' dei lavori in agricoltura  in  provincia  di  Lecce
 l'orario  giornaliero  e'  di  cinque  ore; mi risulta che gli operai
 agricoli rifiutano generalmente di  lavorare  un'ora  in  piu'  delle
 cinque giornaliere".
    In  termini identici, ma con maggiori chiarificazioni, si e' anche
 espresso il teste Greco  Raffaele,  gia'  direttore  dell'ispettorato
 provinciale  dell'agricoltura  di  Brindisi  e  con  una  pluriennale
 conoscenza della maggior parte dei comuni della provincia  di  Lecce:
 "e'  notorio che la giornata lavorativa in agricoltura nella provinca
 di Lecce e' da almeno una decina di anni di cinque ore. Detto  orario
 si riferisce solo alle normali attivita' agricole di coltivaizone dei
 terreni   e  non  ad  esempio  per  le  attivita'  zootecniche  o  di
 allevamento  in genere. Ritengo che nella provincia di Lecce l'orario
 e'  di  sole  cinque  ore  perche'  la  realta'  e'   prevalentemente
 contadina,  la  proprieta' terriera e' molto frazionata e quindi ogni
 bracciante agricolo ha prevedibilmente  un  piccolo  appezzamento  di
 terra  da  coltivare  in proprio; per fare cio' deve ovviamente avere
 disponibilita' di tempo".
    L'esistenza di questa norma consuetudine trova  rispondenza  anche
 nelle valutazioni espresse dai rappresentanti delle oo.ss. in sede di
 formazione  della  tabella  ettaro coltura, di cui alla seduta del 29
 novembre  1982  della  commissione  provinciale  per  la   manodopera
 agricola  di  Lecce.  Ed invero, tali rappresentanti hanno contestato
 l'elaborao   tecnico   predisposto    dall'ispettorato    provinciale
 dell'agricoltura  di  Lecce  perche', contrariamente alla realita' ed
 alle  consuetudini  esistenti  nelle  nostre  campagne,  la  giornata
 lavorativa  era  stata  determinata  dividendo  il numero complessivo
 delle ore occorrenti per una determinata coltura per  le  sei  ore  e
 quaranta  minuti,  previste dal C.C.N.L. di categoria, e non, invece,
 per le cique ore normalmente  impiegate  nella  provincia  di  Lecce,
 (vedasi  verbale  n.  38  del  29  novembre  1982  della  commissione
 provinciale m.o. di Lecce).
    3. - L'art.  28,  primo  comma,  del  d.P.R.  n.  488/1968,  nella
 formulazione  letterale  suesposta ed anche in combinato disposto con
 l'art. 1, primo comma, del d.-l. n. 338/1989, convertito nella  legge
 n.   389/1989,   sembra   confliggere   anche  con  l'art.  39  della
 Costituzione, perche' un soggetto, se puo' essere obbligato a  pagare
 un  contributo sulla base della retribuzione prevista da un C.C.N.L.,
 non puo'  essere  comunque  spinto  o  ragionevolmente  obbligato  ad
 osservare  il  contenuto  normativo  di un C.C.N.L. che non sia stato
 reso efficace con decreto del Presidente della  Repubblica,  per  non
 dover  pagare  un contributo spropositato, qualora volesse convertire
 una durata della giornata lavorativa inferiore a quella prevista  dal
 C.C.N.L.:  la liberta' di organizzazione sindacale contiene in se' il
 principio che un soggetto non debba essere obbligato ad aderire,  sia
 pure  implicitamente, ad una associazione sindacale, rispettandone la
 volonta', senza che vi sia un interesse pubblico superiore,  tale  da
 giustificare  appunto  la  ricezione di un C.C.N.L. in un decreto del
 Presidente della Repubblica.
    Si torna, quindi,  a  sottolineare  che  e'  certamente  legittimo
 l'art.  28  del  D.P.R.  n. 488/1968, anche in combinato disposto con
 l'art. 1, primo comma, del d.-l. n. 338/1989, convertito con la legge
 n. 389/1989, se si limita ad imporre  che  ai  fini  contributivi  si
 debba  tener  conto,  ma  soltanto come parametro, della retribuzione
 quale prevista dal C.C.N.L. di categoria perche' ritenuta rispondente
 al dettato di cui  all'art.  36  della  Costituzione.  In  tal  caso,
 infatti  le  parti  di  un  rapporto di lavoro si lascino libere, per
 quanto  di  loro  interesse,  di  convenire  una  retribuzione  anche
 inferiore  a  quella ritenuta, per i suoi fini, equa dal legislatore,
 in conformita' al precetto di cui all'art. 36 della Costituzione.
   Tuttavia e' altra cosa sostenere che le previsioni contenute in  un
 C.C.N.L. di categoria non debbano valere come parametro, ma come dato
 immodificabile  e, quindi, impositivo anche nella parte normativa che
 necessariamente si ricollega a quella economica nella  disciplina  di
 un rapporto di lavoro.
    4.  - L'art. 28, primo e secodo comma, del d.P.R. n. 488/1968, per
 il suo riferimento alla retribuzione giornaliera  come  base  per  la
 determinazione  del  contributo dovuto per i giornalieri di campagna,
 sembra   confliggere,   sempre   che   si   accetti   la    suesposta
 interpretazione  letterale  ed  anche  per  il combinato disposto con
 l'art. 1, primo comma, del d.-l.  n. 338/1989, convertito nella legge
 n. 389/1989, con l'art. 3  della  Costituzione  perche'  un  soggetto
 potrebbe essere tenuto al pagamento di un contributo indebito qualora
 la  prestazione  lavorativa  subordinata  dovesse  avere  una  durata
 giornaliera inferiore a quella prevista dal C.C.N.L. non soltanto per
 volonta' dei soggetti del rapporto di lavoro, ma anche per la  stessa
 particolarita'   del   lavoro   richiesto   ai   braccianti  agricoli
 eccezionali o  occasionali.  Questi,  infatti,  vengono  assunti  per
 determinati lavori, la cui durata non e' prevedibile al momento della
 loro  assunzione e non necessariamente richiede un impegno lavorativo
 per  sei  ore  e  quaranta  minuti  (attuale  durata  della  giornata
 lavorativa  secondo il C.C.N.L.) o per un numero di ore perfettamente
 corrispondente ad un multiplo di sei ore e quaranta minuti.
    Pertanto, qualora il lavoro agricolo dovesse esaurirsi  prima  del
 compimento   della  giornata  lavorativa  convenuta  o  prevista  dal
 C.C.N.L. e non vi fosse piu' opportunita' di impiego del  lavoratore,
 il datore di lavoro dovrebbe pagare un contributo come se la giornata
 lavorativa fosse stata prestata per intero cosi' sopportando un onere
 contributivo  ingiustificato,  che si sarebbe, invece, potuto evitare
 se nel settore agricolo, per  gli  operai  a  tempo  determinato,  la
 contribuzione  fosse stata collegata ad una retribuzione media oraria
 e non gia' giornaliera.
    5. - L'art. 28, primo e secondo comma, del d.P.R. n. 488/1968, per
 il suo riferimento alla retribuzione giornaliera  come  base  per  la
 determinazione del contributo dovuto per i piccoli coloni, assimilati
 ai  giornalieri di campagna ex art. 8 della legge n. 334/1968, sembra
 confliggere con l'art. 3  della  Costituzione  perche'  due  distinti
 soggetti  potrebbero  essere  tenuti  a  pagare un diverso contributo
 sebbene sui rispettivi fondi possa essere occorso uno  stesso  numero
 di ore lavorative nel corso di un anno.
    Ai  sensi dell'art. 7, secondo e terzo comma, del d.-l. 3 febbraio
 1970, n. 7, convertito con la legge 11 marzo  1970,  n.  83/1970,  le
 giornate  lavorative  prestate  dai  piccoli coloni vengono accertate
 secondo i valori medi di  impiego  di  manodopera  per  ogni  singola
 coltura  stabiliti  con  deliberazione delle commissioni provinciali,
 avuto riguardo ai modi correnti di coltivazione dei  terreni  e  alle
 consuetudini locali.
    Le  commissioni provinciali di manodopera agricola possono e ancor
 piu'  tener,  quindi,  conto,  nella  determinazione  delle  giornate
 lavorative,  della  durata  consuetudinaria della giornata lavorativa
 nella realta' agricola di pertinenza.
    Qualora per la coltivazione di due distinti  terreni,  rientranti,
 in  diversi ambiti provinciali, dovesse essere ritenuto occorrente un
 identico numero complessivo di ore (es. 100 ore), si  potrebbe  avere
 due  distinti  numeri indicanti le giornate lavorative indispensabili
 per  la  coltivazione  dei  terreni  medesimi,  per  il   fatto   che
 consuetudinariamente  diversa  possa  essere la durata della giornata
 lavorativa tra l'una e l'altra realta' agricola provinciale. E cosi',
 se in un ambito provinciale,  la  durata  della  giornata  lavorativa
 dovesse  essere  eguale a quella prevista dal C.C.N.L. (h. 6,40'), il
 numero  delle  giornate lavorative occorrenti per la coltivazione dei
 relativi  terreni  sarebbe  inferiore  a  quello  necessario  per  la
 conduzione  dei terreni rientranti in un ambito provinciale in cui la
 giornata lavorativa dovesse avere, come nel caso concreto, una durata
 consuetudinaria di cinque ore (es. 100: 6,av66aw  =  15,av15aw  Q  20
 (100:5)).
    Conseguentemente,  un soggetto potrebbe essere tenuto al pagamento
 di contributi in misura maggiore  rispetto  ad  altro  soggetto,  pur
 avendo  entrambi  concesso  in  colonia terreni richiedenti identiche
 prestazioni lavorative, salvo che il Ministro del  lavoro  non  debba
 obbligatoriamente  tener  conto  della diversa durata consuetudinaria
 della giornata lavorativa in una provincia rispetto a quella prevista
 dal C.C.N.L., riproporzionando conseguentemente la retribuzione media
 giornaliera da porre a base dell'imposizione contributiva.
    6. - L'art. 28, primo coma, del d.P.R. n.  488/1968,  per  il  suo
 riferimento  alla  media  delle retribuzioni previste dal C.C.N.L. di
 categoria per le diverse categorie di  operai  (comuni,  qualificati,
 specializzati e specializzati super), sembra confliggere con l'art. 3
 della  Costituzione  perche'  impone  pesi  contributivi  eguali  per
 prestazioni  lavorative  diseguali,  da  retribuire   differentemente
 secondo  lo  stesso  C.C.N.L.  di  categoria.  Difatti,  per giornate
 lavorative eseguite da un operaio comune  il  suo  datore  di  lavoro
 dovrebbe  versare un contributo rapportato non gia' alla retribuzione
 prevista dal C.C.N.L. di categoria per un operaio comune, ma alla me-
 dia  delle  retribuzioni  stabilite  per  categorie   di   lavoratori
 appartenenti  anche  a  livelli  qualitativi  e funzionali superiori,
 cosi' sopportando lo stesso onere contributivo imposto ad  un  datore
 di lavoro che dovesse assumere soltanto operai agricoli specializzati
 a tempo determinato.
    7.  -  L'art.  28,  primo  e secondo comma, del d.P.R. n. 488/1968
 sembra,  infine,  confliggere  con  l'art.  24  della   Costituzione,
 perche',  in  caso  di  invalidita'  del  decreto  ministeriale nella
 determinazione della retribuzione media giornaliera da porre  a  base
 del  contributo,  il  giudice,  al quale spetta determinare, ai sensi
 dell'art. 442 del c.p.c., la  misura  dell'obbligazione  contributiva
 (Cass.  sez.  un.  nn.  4276/1989  e  6840/1986),  potrebbe  soltanto
 disapplicare  il  decreto  medesimo,   ma   non   anche   sostituirsi
 all'autorita'  amministrativa, cosi' impedendo allo S.C.A.U. di poter
 ottenere il pagamento di un qualsiasi contributo,  sia  pure  ridotto
 rispetto a quello spettantegli sulla base del decreto ministeriale.
    La  questione,  come  sopra  dedotta, presuppone ovviamente che il
 decreto del Ministro del lavoro sia espressamente di discrezionalita'
 amministrativa e non atto meramente ricognitivo di situazioni cui  la
 legge collega il contenuto di determinati obblighi.
    Soltanto  in  questo  caso  il pretore, quale giudice del rapporto
 (previdenziale) e non dell'atto amministrativo, potrebbe  determinare
 nel  concreto  la  prestazione contributiva dovuta (vedasi sul potere
 del giudice in materia di atti ricognitivi della p.a. la sentenza  n.
 10033/1991 della Corte di cassazione a sezione unite), in difformita'
 di quanto previsto nel decreto emesso dal Ministro del lavoro ex art.
 28  del  d.P.R. n. 488/1968, qualora dovesse accertare situazioni di-
 verse  da  quelle  verificate  dall'autorita'   amministrativa,   ivi
 compresa  la  durata  della  giornata  lavorativa,  sempre che questa
 dovesse rilevare nel procedimento ricognitivo.
    8.  -  Tutte  le  predette  questioni  sono rilevanti nel presente
 giudizio, in quanto si discute della misura dei contributi dovuti dal
 ricorrente sul fondato  presupposto  che  la  durata  delle  giornate
 lavorative  prestate sui suoi fondi dai giornalieri di campagna e dai
 piccoli coloni sia stata inferiore a quella prevista dal C.C.N.L.  di
 categoria.